Genesi e retorica del liber
Poco è noto di Arnaldo e della sua amministrazione a Monreale. Prima di diventare arcivescovo di Santa Maria Nuova era stato chierico presso la diocesi d’Elna e un illustre esponente della chiesa di Valenza; divenuto tesoriere della Camera Regia di Federico III e quindi eletto a guida di Monreale, aveva iniziato a collaborare attivamente con Clemente V nella promozione della crociata. Curiosamente, la motivazione per cui più frequentemente viene menzionato è proprio quella di essere stato il promotore della collectanea privilegiorum monrealese, la cui compilazione si colloca tra la data dell’elezione e il 1324, anno in cui si concluse il governo del Rassach su Monreale. La genesi del liber, i motivi della raccolta e le circostanze della sua redazione vengono parzialmente menzionati nel breve Incipit , dove infatti si legge:
Un archivio, collocandosi sempre al centro di un continuum di rapporti politici e sociali – l’istituzione stessa, i suoi vicini, i poteri centrali e i professionisti della scrittura – come il luogo in cui si mettono in atto determinate tecniche di custodia documentaria, non necessariamente risulta in grado di rendere fruibile l’informazione realmente preziosa e convalidante.
Il progetto dunque, può essere chiarito soprattutto alla luce dell’esigenza, da parte della fondazione religiosa, di ottenere uno strumento di certificazione forte col quale affermare i propri titoli sul territorio, nel quadro di un più ampio programma politico-documentario che, nella scelta delle attestazioni trascritte, trovava il proprio manifesto ideologico.
All’indubbia utilità di possedere copia degli atti senza pericolo di dispersione degli originali e senza introdurre fattori di disordine e confusione all’interno dell’archivio, si accompagnava cioè nella compilazione del cartulario anche un intento autorappresentativo e di prestigio, secondo una strategia parallela alle coeve esperienze comunali.
Il proposito non nega la portata della spinta conservativa, troppo spesso minimizzata dall’eccessiva attenzione verso le componenti politiche e ideologiche delle scelte documentarie, che anzi viene costantemente evidenziata – nei preamboli di ogni cartulario – attraverso il richiamo alla deperibilità della documentazione sciolta, ai rischi di smarrimento, alla migliore consultabilità del materiale copiato nel libro. L’invito della storiografia francese a considerare i cartulari come «documenti in sé stessi, il cui interesse differisce dalla somma particolare di ogni documento trascritto»2 è stato generalmente declinato in chiave simbolica e ideologica – il testo come monumento del prestigio e della potenza dell’istituzione – piuttosto che pragmatica, marcando la valenza del liber come strumento di corredo alle carte dell’archivio o come prodotto utile ai contenziosi giudiziari. Se invece si supera l’appiattimento dell’attenzione sulle finalità, conducendo adeguate analisi sulla struttura e le selezioni compiute, è possibile approdare alle motivazioni reali, sebbene sottese, di siffatte compilazioni3 .
In questa prospettiva si perviene ad un’angolazione diversa, in grado di leggere i depositi documentari e le vicende della loro conservazione senza separarli dalle particolari esigenze di rivendicazione alla base della loro genesi, conducendo – attraverso un’analisi dettagliata del nesso rivendicare/ricostruire – a considerare la veridicità delle attestazioni all’interno del processo stesso di costruzione delle fonti: un processo di cui è possibile cogliere attraverso casi-studio ravvicinati gli aspetti insieme sociali, politici e culturali. È dunque in questa doppia fisionomia, pragmatismo archivistico e ideologia identitaria, che possono essere spiegati i toni enfatizzanti indirizzati al culto e alla tutela della propria memoria storica. Nel racconto del momento genetico del liber si dispiega cioè tutta una retorica discorsiva che troverà poi pieno compimento in una narrazione complessa, composta selezionando e intrecciando i documenti da trascrivere.
«A voler essere ancora più espliciti, si potrebbe dire che i documenti stanno al cartulario come le parole al discorso»4: la trascrizione di una collezione documentaria composta attraverso una selezione che combina, di volta in volta, i documenti, è cioè uno dispositivo retorico volto a sviluppare una narrazione ragionata, spesso rivolta ad un determinato soggetto politico o calibrata su uno specifico momento storico.
Si tratta di un aspetto in qualche modo connaturato a questa tipologia di scrittura, che tende a legare – fino appunto a formare un racconto – unità documentarie indipendenti. Nel caso del liber privilegiorum di Monreale il superamento del mero significato utilitaristico traspare chiaramente, articolato in un discorso documentario concentrato sul dominio e sul possesso che alimenta l’immagine di un potere geopolitico particolare, in quanto posto all’interno dei problematici rapporti e degli equilibri con i centri di governo locali e assoluti, sviluppando una vocazione – presente sin dalla fondazione dell’abbazia – al controllo e dominio di un territorio che si relaziona con poteri ora circoscritti, ora universali.
In quest’ottica sono la stessa progettazione e il momento della stesura a divenire gli elementi rilevanti, perché è nella fase organizzativa e nella qualità globale della documentazione da tramandare che affiora l’impegno storicizzante, volto a riflettere, nel materiale trascritto, la capacità della diocesi di affermarsi prima e governare poi: sicchè, superando la tradizione compilativa in atti sciolti, la pratica del cartulario si configura come momento complementare del processo di maturazione e consolidamento del controllo, e assurge a meccanismo regolativo dell’ordine giuridico, della ripartizione delle risorse, della composizione dei conflitti e del controllo del dissenso6.
1 Per la quale si rimanda a E. Artifoni, Retorica e organizzazione del linguaggio politico, in Le forme della propaganda politica nel Duecento e nel Trecento. Relazioni tenute al Convegno Internazionale organizzato dal Comitato di Studi Storici di Trieste, dall’Ecole française de Rome e dal Dipartimento di storia dell’Università degli studi di Trieste (Trieste, 2-5 marzo 1993), a cura di P. Cammarosano, Roma, Ecole française de Rome 1994 (Collection de l’Ecole française de Rome), pp. 157-182:178. 2 P. Toubert, Dalla terra ai castelli cit., p. 7. 3 «L’analisi della struttura delle fonti deve assumere una posizione centrale nel patrimonio dello storico. A questo appello, che è stato particolarmente energico negli ultimi anni nell’ambito degli studi medievali, non corrisponde ancora, tuttavia, una pratica di lavoro generalizzata», E. Artifoni, A. Torre, Premessa a Erudizione e Fonti, n.s. di Quaderni Storici, 93 (1996), pp. 511-518:511. I due studiosi hanno rimarcato le difficoltà intrinseche nell’impiantare un approccio ‘stratigrafico’ alle fonti, non limitato a constatarne lo stato di arrivo ma in grado di interrogarsi sistematicamente sui modi della loro genesi e della loro trasmissione. 4 A. Gamberini, La memoria dei gentiluomini. I cartulari di lignaggio alla fine del Medioevo, in Reti Medievali - Rivista, 9 (2008). 5 La debolezza del nesso fra i libri iurium comunali e la memoria storica è rimarcata da Paolo Cammarosano, cfr. P. Cammarosano, I libri iurium e la memoria storica delle città comunali, in Il senso della storia nella cultura medievale italiana (1100-1350). Atti del XIV Convegno di Studi (Pistoia, 14-17 maggio 1993), Pistoia, Centro italiano di studi di storia e d’arte, Comune di Pistoia 1995 (Atti di Convegni); ora in Le scritture del comune. Amministrazione e memoria nelle città dei secoli XII e XIII, a cura di G. Albini, Torino, Scriptorium 1998. 6 Argomentazioni simili, seppure riferite alla più tarda produzione statutaria, si ritrovano in A. Romano, Le due Italie degli Statuti: tra Regno, Signorie e Comuni. Spunti comparativi, in Signori, regimi signorili e statuti nel tardo Medioevo. Atti del VII Convegno del Comitato italiano per gli studi e le edizioni delle fonti normative (Ferrara 5-7 ottobre 2000), a cura di R. Dondarini, G.M. Varanini, M. Venticelli, Bologna, Patron 2003, pp. 33-50. 7 Cfr. L. Baietto, Elaborazione di sistemi documentari e trasformazioni politiche nei comuni piemontesi cit., p. 679. 8 M. Halbwachs, I quadri sociali della memoria, Napoli, Ipermedium 1997 (Memorabilia, 3); tit. or. Les cadres sociaux de la mémoire, Paris, F. Alcan 1935, (Bibliotheque de philosophie contemporaine), p. 123. |